Essere Sindacato.

Di Andrea Ladogana.

Roma (02 – 11 – 2020) Tra qualche anno quando gli storici dovranno raccontare le cronache del 2020 senza dubbio dovranno raccontare le enormi difficoltà che l’intero mondo si vide costretto ad affrontare. Già oggi ci sono immagini che per lungo tempo accompagneranno le nostre memorie individuali e collettive, come dimenticare le colonne di camion militari carichi di bare di nostri connazionali, i volti di infermieri, medici, stravolti dalla fatica dovuta dal mettere in atto tutto quanto fosse in loro potere per salvare anche una sola vita umana.

Un mondo che da un giorno all’altro si è scoperto incredibilmente debole ed indifeso rispetto ad un nemico invisibile, capace di stravolgere ogni abitudine, singole e plurali: consumare il caffè al bar, uscire per mangiare una pizza, recarsi sul proprio posto di lavoro, programmare un viaggio, partecipare ad una conferenza o assistere ad una partita, accompagnare i nostri figli a scuola, ogni singolo evento è stato rideclinato in funzione della riduzione del rischio del contagio.

Lo abbiamo fatto, e probabilmente per lungo tempo saremo costretti a continuare a farlo, per noi stessi e per le comunità a cui apparteniamo, dalla più piccola, la famiglia, fino a quella globale.

Mentre la battaglia era (è) in atto abbiamo iniziato a renderci conto che molte certezze che caratterizzano le nostre vite, o quelle che credevamo fossero tali, diventavano fragili, venivano messe in dubbio.

Inizialmente le misure di contenimento ci hanno fatto riscoprire quel senso di vicinanza (ricordate le canzoni sui balconi?), poi pian piano una sottile e strisciante insicurezza allo stesso tempo ci faceva allontanare l’uno dall’altro, e le contraddizioni che c’erano anche prima del Covid, ma non venivano considerate come dovevano, sono improvvisamente esplose.

Le valutazioni durissime imposte da mesi, ed anche in queste stesse ore, finalizzate al contenimento della diffusione del contagio determinano effetti devastanti sulle economie nazionali, anche se visto il grado di connessione dovuto allo sviluppo della globalizzazione, sarebbe più opportuno parlare di effetti imposti all’economia globale, alla stessa struttura del modello di sviluppo assunto da anni come unico possibile.

Allo stesso tempo, dopo aver affermato per anni che il ruolo delle istituzioni, dei governi, il ruolo stesso degli Stati, doveva essere ridimensionato, alleggerito, si è capito che il patto sociale non passa, e non potrà mai passare, attraverso gli stretti sentieri imposti dalle leggi di mercato.

Un mercato che tra l’altro non si è evoluto, né a livelli nazionali né globali, secondo linee di sviluppo capaci di contenerne le insite tendenze all’incremento delle disparità.

Oggi la sfida è quella di proteggere il più possibile il patto sociale alla base di ogni comunità,  salvaguardandolo dal pericolo di mettere l’uno contro l’altro: il garantito contro il precario, il lavoratore dipendente contro il lavoratore autonomo, il piccolo esercente contro la multinazionale.

Ed è una sfida che deve richiamare ognuno di noi al proprio senso di responsabilità, ognuno nel rispettivo ambito. Una sfida che può essere vinta solo se alle pulsioni si sostituirà la ragione, se il bisogno sarà soddisfatto senza lacerazioni, mettendo in discussione laicamente postulati ritenuti granitici mediante l’analisi e la riflessione.

La scorsa settimana è per questo motivo che come Cisl Federazione Pubblica, abbiamo concepito e organizzato la tavola rotonda  “Da un sistema di previdenza a un sistema di welfare: quale futuro per le casse previdenziali?”, ponendo particolare attenzione all’aspetto che, per il ruolo che dobbiamo e vogliamo avere, ci preme di più: la tutela del lavoro come bene necessario, in questo comparto come in tutti, e il sistema delle relazioni industriali che non può prescindere dalla Contrattazione Collettiva.

Perché è questo che riteniamo qualifichi la nostra azione di Sindacato, un’azione costantemente caratterizzata dal confronto e dall’analisi, che ne qualifichi e ne legittimi il fine ultimo della sua esistenza.

Una dimensione sindacale che oggi non può più essere confinata alla sua mera dimensione ideologica o identitaria, né tanto meno come la necessità di sopravvivenza di un ceto burocratico disinteressato da quelli che sono i contenuti specifici delle conflittualità ancora oggi vive nelle quotidianità lavorative.

Un sindacato che non contratta è destinato a scomparire, così come un sindacato che non qualifica la sua capacità di contrattazione, incapace di rigenerarla continuamente, sottraendola ad una mancanza di obiettivi se non quelli derivanti da un senso di pragmatismo fine a sé stesso, anziché rafforzare l’indispensabile rapporto con i lavoratori ne allarga il senso di distanza, di assoluta lontananza.

Un Sindacato avulso alla riflessione e incapace al pensiero, si svuota e cade in rovina.

Durante la tavola rotonda crediamo di essere riusciti nell’intento che ci eravamo prefissi: ragionare insieme su quelli che devono essere gli sforzi per migliorare insieme il mondo della Previdenza Privata.

E’ stato affermato dal Presidente Oliveti nel corso del suo intervento che il primo passo, compiuto con la sottoscrizione del nuovo CCNL nello scorso gennaio, è stato caratterizzato da una reciproca considerazione e rispetto. Rispetto per i ruoli svolti e considerazione per le proposte avanzate, solo così è stato possibile raggiungere un obiettivo comune atteso da più di dieci anni. Così come il ruolo del sistema delle Casse deve essere necessariamente aggiornato e riconsiderato anche, e soprattutto in virtù delle emergenze dell’ultimo anno. In questo contesto le osservazioni del Presidente della Cassa di Previdenza dei Commercialisti, Walter Anedda, caratterizzano la necessità di un dialogo con il legislatore da costruire e rafforzare, finalizzandolo alla possibilità di riformare una legislazione del settore ormai datata.

Una necessità ben chiara al Senatore Sergio Puglia, che fin dalla sua elezione a Presidente della commissione di Vigilanza sugli Enti Previdenziali, ha dedicato particolare attenzione a un comparto fondamentale nel sistema paese, arrivando anche a trattare questioni che nel passato mai avevano trovato attenzione nelle istituzioni come nel caso della convocazione delle Organizzazioni Sindacali in commissione relativamente alla trattativa per il rinnovo del CCNL.

Aspetti che Angelo Marinelli, segretario nazionale della nostra Organizzazione, nel moderare il dibattito ha trattato con tutti i partecipanti al dibattito, gestito al fine di avere più spunti ed elementi di analisi possibili.

E tra questi vanno sicuramente compresi gli interventi dei Direttori Generali dell’Inpgi, Mimma Iorio, e della Cassa di Previdenza dei Consulenti del Lavoro, Fabio Faretra.

La prima sollecitando una valutazione profonda su quello che ha comportato, come nel caso dei giornalisti, l’evoluzione dei contratti di lavoro in una professione che si caratterizza per un rapporto di lavoro per lo più dipendente, e il venir meno di poter accedere a quel presupposto ha determinato effetti profondi sul versamento contributivo. Così come le riflessioni di Faretra hanno sollecitato la necessità di riconcepire la dimensione del mondo del lavoro passando da un concetto lineare a uno circolare; dove prima il rapporto dal lavoro alla pensione era diretto, la seconda dovrebbe immaginarsi in grado di permettere ai gestori dei patrimoni previdenziali di porre in essere strumenti di sostegno e rilancio al lavoro. Così come, a difesa dell’autonomia degli Enti, non dovrebbe essere un tabù quello di immaginare, oltre determinati redditi, una diversa contribuzione a seconda della capacità reddituale del professionista.

Potenzialità di un mondo composito che emergono spesso, come sottolineato da Maurizio Petriccioli Segretario Generale della CISL Funzione Pubblica, unicamente in termini di investimenti finanziari, mentre rimane sottaciuto o più scontato il fondamentale ruolo sociale, svolto qualificandosi per il suo patrimonio di identità professionale, con regole calibrate alle realtà ed ai bisogni del mondo dei professionisti, dalla gestione autonoma del risparmio previdenziale obbligatorio di circa due milioni di lavoratori a quella di erogare prestazioni previdenziali ad un mondo più che complesso.

Importanza che anche lo stesso Segretario Confederale Ignazio Ganga aveva evidenziato all’inizio dei lavori.

Siamo certi che lo sforzo compiuto con questa iniziativa non possa e non debba essere solo un episodio, compiuto tra l’altro con tutte le difficoltà imposte dalla perdurante pandemia.

E’ per questo che come Coordinamento della Cisl FP delle Casse Previdenziali stiamo immaginando di costituire una apposita commissione di studio, che sia strumento di analisi costante delle dinamiche che caratterizzano la Previdenza Privata. Una commissione che sappia interpretare la realtà lavorativa in cui quotidianamente le lavoratrici e i lavoratori operano, che sappia fare sintesi offrendo, nel rispetto dei ruoli, il nostro contributo. Una struttura che non sostituisca il ruolo fondamentale delle Rappresentanze Aziendali, ma che lo affianchi e lo potenzi.

Crediamo sia maturo il tempo, nelle casse e anche oltre le casse, che veda la possibilità di mettere in campo un’azione capace di rafforzare e, in qualche caso ricostruire, una comunità collettiva basata su interessi collettivi: dal professionista al dipendente, dall’amministratore al rappresentante sindacale, ognuno rispettoso e conscio del suo ruolo.

Come Cisl FP ci sentiamo in grado di raccogliere questa sfida.