Quando la realtà si confonde coi film

Ci sono dei film che hanno fatto la storia del cinema, valicando anche i confini stessi della settima arte entrando nella vita comune delle persone. Opere realizzate da maestri che tramite l’utilizzo di simboli narrativi descrivevano la vita comune di ognuno di noi.

Tra il 1968 e il 1977 Kubrick e Lucas spiegarono al mondo, con 2001 Odissea nello Spazio e Guerre Stellari, come doveva essere realizzato un film di fantascienza e nel realizzarlo raccontavano altro, il primo ci mostrò, cinquant’anni fa, i rischi insiti in uno sviluppo incontrollato dell’intelligenza artificiale, nella saga di Lucas invece il racconto della resistenza all’impero ci racconta l’esigenza di contrastare sempre un’autorità oppressiva.

Sergio Leone nei deserti spagnoli ci raccontò il West e le vicende umane che intrecciavano le vite dei protagonisti, così come Francis Ford Coppola trasportò sullo schermo le vicende della famiglia di don Vito Corleone.

Raccontare e descrivere la realtà tramite simboli, metafore.

Ci sono poi opere di cosiddetta nicchia che però con altrettanta fora narrativa entrano nelle abitudini di ciascuno di noi al punto tale che quando poi ci si imbatte in situazioni simili il primo riferimento che viene alla mente è proprio quello del film. Chi di noi, impiegato in un ufficio qualsiasi, non si sia mai innamorato della “sua” signorina Silvani, non abbia subito le vessazioni del Mega Direttore Generale di turno e non abbia partecipato al veglionissimo di capodanno in compagnia dei propri colleghi?

Nel 1971 quando Paolo Villaggio scrisse il romanzo Fantozzi, che poi quattro anni dopo Luciano Salce portò sullo schermo, probabilmente non aveva idea di quanti ragionieri si sarebbero riconosciuti nelle storie immaginate osservando la quotidianità mentre lavorava all’Italsider.

L’epopea di guerre Stellari (e di tanti altri film, cartoni animati, serie tv) ha generato intere comunità di persone che si vestono, pensano, e vivono nel tempo libero la realtà descritte nei film: i cosiddetti cosplayers, fan mascherati dai personaggi di questi universi di fantasia.

C’è chi però non si rende conto che nella quotidianità recita la parte che altri hanno immaginato, e questo di solito non è divertente, né interessante, diventa grottesco.

Ovviamente è abbastanza difficile incontrare qualcuno vestito da Luke Skylwalker al supermercato, così come mettere in atto le reazioni ad un torto come quelle di Micheal Corleone nella trilogia de Il Padrino farebbe aprire le porte delle patrie galere.

Ma quante volte invece è possibile incontrare dirigenti, capiufficio, Direttori Generali e Presidenti che non si rendono conto che nella vita lavorativa di tutti i giorni sono ne più e né meno le caricature viventi del Visconte Cobram o del Geometra Calboni?

Comportamenti che non erano adatti alla realtà di cinquanta anni fa, quando Villaggio inventò il Fantozzi Rag. Ugo, ma che oggi vanno oltre il ridicolo rasentando il grottesco con sfumature di meschinità nemmeno troppo abbozzate.

Come quando qualcuno decide di non applicare i contratti di lavoro se si è iscritti a un qualsiasi Sindacato, o come quando si nega la partecipazione di dipendenti, sempre iscritti al sindacato, ai lavori di commissioni interne il cui compito è stabilire i criteri di erogazione di prestiti e mutui, o come quando si trasferiscono lavoratori da un ufficio all’altro, sempre ovviamente iscritti a questo o a quel sindacato, senza la minima corrispondenza ad esigenze di servizio. Ecco quando qualcuno con responsabilità di gestione improvvisamente diventa il cosplayer di questo o quel mega Presidente non c’è più niente da ridere, e la palla passa ai Giudici del Lavoro.

Proprio come nella vertenza in essere, da mesi, nell’Ente di Previdenza dei Geometri.

 

Arturo Bandini